LA GIORNATA VEG ACCENDE LO SCONTRO CON BRUXELLES

Una dieta può cambiare il destino del pianeta. È la sintesi del nuovo rapporto 2025 della EAT-Lancet Commission, la più ampia analisi scientifica mai condotta sui sistemi alimentari globali. Uno studio lanciato alla vigilia della Giornata mondiale del veganesimo che si celebra il primo novembre. Secondo gli esperti, adottare su scala mondiale la Dieta della Salute Planetaria – quella che riduce il consumo di carne e privilegia cereali integrali, frutta, verdura, legumi e frutta secca – significherebbe evitare fino a 15 milioni di morti premature all’anno, tagliando del 27% il rischio globale di morte prematura e riducendo di oltre il 15% le emissioni di CO₂ legate alla produzione di cibo.

Una prospettiva che lega la salute umana a quella della Terra, in un mondo che si avvia verso i 9,6 miliardi di abitanti previsti al 2050. Per centrare questo obiettivo, la Commissione calcola che servirebbe quasi raddoppiare la produzione di legumi (+190%) e aumentare del 40-50% quella di verdure, mentre l’allevamento dovrebbe ridursi di un quarto.

Gli italiani, nel loro piccolo, si stanno muovendo in quella direzione. Secondo l’ultimo Rapporto Eurispes, il 9,5% della popolazione adulta non consuma carne e i vegani sono ormai il 2,7%, in lieve crescita rispetto al 2024. Una scelta ancora minoritaria, ma in costante aumento: nel 2014 erano quattro volte di meno. Non si tratta di una moda passeggera, ma di un segnale culturale che intercetta la sensibilità di chi lega il cibo alla propria salute e all’impatto ambientale complessivo.

E infatti il settore plant-based – i prodotti che sostituiscono carne e pesce con ingredienti vegetali – sta vivendo un vero boom. In Europa vale 6 miliardi di euro, e l’Italia è terza per produzione e consumi, dietro a Germania e Regno Unito, con un fatturato da 640 milioni di euro e una crescita a doppia cifra negli ultimi due anni.

“Otto anni fa”, ricorda Massimo Santinelli, fondatore e CEO di Biolab, nata a Gorizia e oggi tra i leader italiani nel plant-based, “fatturavamo 8 milioni. Chiuderemo il 2025 a 26 milioni, con 170 dipendenti. È la prova che produrre carne e pesce a base vegetale non è una nicchia, ma un pezzo della soluzione. Questi prodotti aiutano a contrastare il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e la desertificazione dei mari”.

Eppure, proprio mentre i cittadini scelgono alternative più sostenibili, l’Europa sembra remare controcorrente. Il Parlamento europeo, su spinta dei popolari, ha approvato una norma che vieta di usare nelle etichette dei prodotti vegetali termini come “burger”, “salsiccia” o “bistecca”, anche se preceduti da “veg” o “di soia”. Dal 2028 non potremo più leggere “hamburger vegetale” o “salsiccia di lenticchie”: parole bandite, come se i consumatori fossero incapaci di capire la differenza.

Il paradosso è evidente: mentre la scienza mostra che cambiare dieta può salvare milioni di vite e ridurre l’impronta ecologica del cibo, la politica si avvita su battaglie semantiche. Eppure il futuro è già scritto nei numeri: meno carne, più proteine vegetali, più biodiversità nei campi e nei piatti.

Una rivoluzione che parte dalle cucine, ma parla la lingua della salute pubblica, del clima e di un Made in Italy capace di coniugare benessere e sostenibilità.

2025-10-31T15:15:30Z