A TAVOLA CON I VIGNERON. DI COSA PARLA (E COSA BEVE) CHI FA IL VINO OGGI

Dicono che per conoscere davvero una persona bisogna mangiarci insieme due volte. È quello che è successo a me in occasione della quattordicesima edizione di VinoVip Cortina, lo storico summit organizzato da Civiltà del Bere, che ha portato nella Perla delle Dolomiti 600 ospiti, tra operatori del settore e appassionati, più di 60 cantine, 170 etichette e più di 900 bottiglie stappate. Sono stata a tavola - per due sere di seguito - con alcuni dei più grandi produttori e produttrici di vino italiani del momento. Di cosa abbiamo parlato? Di vino e di cibo, ovvio, ma anche del costo del denaro sempre più alto, della mancanza di politiche mirate per favorire la crescita del mercato e delle sfide che chi fa vino oggi si trova ad affrontare (ne avevamo già parlato qui, dopo la mia visita a VinItaly). Perché è un fatto che il consumo di vino sta calando dappertutto; la crisi climatica è realtà e il dibattito resta aperto tra chi dice che bisogna tornare a osservare il cielo e la terra e ad assaggiare l’uva come si faceva un tempo e chi invece sperimenta le nuove applicazioni dell’AI; le nuove etichette, che dovranno riportare ingredienti e calorie, sollevano il dubbio sulla naturalità del vino; per poi finire a parlare del vino senza alcol. Che vino bevono i vigneron quando sono insieme? Quello degli altri, sempre per primo, e il loro, ma solo se gli viene espressamente chiesto (quelli che abbiamo bevuto sono in fondo a questo articolo): sono umili questi uomini e queste donne del vino, ma anche orgogliosi di quello che fanno. Una combo che, come ha detto la nota produttrice della Valpolicella Marilisa Allegrini durante il talk di apertura di VinoVip 2024 dedicato alla resilienza dei distretti viticoli, è il loro punto di forza in questo presente così mutevole e sfidante. A dare una possibile, ottimistica, direzione, Marina Cvetic di Masciarelli, che nel ritirare il Premio Khail 2024, ha invitato colleghi e colleghe addetti del settore a far emergere le unicità del proprio prodotto e del proprio progetto enologico, senza cedere alla tentazione di omologarsi o di diventare degli “wine snob”, mantenendo la mente aperta e il bicchiere pronto.

Di cosa parlano i vigneron quando mangiano insieme: di vino, ovviamente, di etichette e di alcool

Quando mangiano insieme i vigneron parlano anzitutto di quello che hanno nel piatto (siamo pur sempre italiani!). Soprattutto se a prepararlo sono chef del calibro di Graziano Prest, una stella Michelin per il suo lavoro al ristornate Tivoli di Cortina d’Ampezzo, e i giovani chef Federico Rovacchi, con la sua sous chef Nicole Groff e chef de rang Lisa Fiorentin, di Baita Piè Tofana, aperta nel 2021 sempre a Cortina sotto la guida del patron Michel Oberhammer, che forse ricorderete per il suo ruolo di titolare della distribuzione di vini La Cave (segnatevela per una visita, perché i Cappelletti ai due parmigiano, brodo di cappone, mostarda e radice di genziana e la montagna di gelato al latte con vaniglia Tahiti mantecato al momento sono da non perdere!). Se le cene arrivano dopo due intense giornate di talk e degustazioni, come accade durante VinoVip, facilmente la conversazione si sposta verso gli argomenti che più stanno a cuore ai vigneron. Prima fra tutte la novità, introdotta dal Regolamento UE n. 2117 del 2021, dell’obbligo di inserire in etichetta l’elenco degli ingredienti e il valore energetico per i vini prodotti dopo l’8 dicembre 2023, come già accade per i cibi. Il tema è divisivo, a esprimere un parere negativo sulla novità era già stato nel corso del primo talk di VinoVip Luigi Moio, Presidente dell'Oiv e Professore di Enologia all'Università degli Studi di Napoli Federico II, che nel suo intervento invitava a rivendicare il vino come atto agricolo e sulle nuove etichette diceva: “Il vino se è fatto bene ha solo un ingrediente: l’uva!”. A preoccupare i produttori è anche il discorso che riguarda l’alcool, riconosciuto dall’OMS come dannoso per la salute, posizione che ha portato al centro del dibattito dalla comparsa dei vini dealcolati. Ma come ricordiamo dalle lezioni di chimica, l'alcool è il prodotto della naturale fermentazione dell’uva ed è anche ciò che lo ha reso sin dall'antichità una bevanda sicura, perché grazie all’alcool il succo dell’uva non viene attaccato dai batteri. E non solo. Pensando ad anni più recenti, il vino è stato considerato come un alimento vero e proprio nelle comunità contadine fino ancora agli anni ottanta del secolo scorso e utilizzato sino ai giorni nostri come ricostituente, come accade ancora oggi in Trentino con il Vino Santo.

Parlano di giovani che bevono meno, di giovani che bevono meglio e di giovani che fanno vino

Siamo a tavola ed è inevitabile che si parli anche di quello che abbiamo nel bicchiere. Un tempo la bottiglia di vino era sempre al centro della tavola ed era oggetto di discorso tra i membri della famiglia. Oggi continuiamo a parlare di cibo, ma si è persa l’abitudine di farlo con il vino, commentano i miei commensali. Un tema avvallato anche da Luca Lonardi durante il suo intervento a VinoVip: la contrazione dei consumi non dipende solo dal fatto che Gen Z e Millennials bevano meno, spiega il Master of Wine, ma anche perché i giovani sono e saranno sempre di meno e con meno potere d’acquisto rispetto ai Boomer che li hanno preceduti. “Ma bevono meglio”, fa notare Francesca Argiolas, di Argiolas vini, mia dirimpettaia mentre ceniamo, e produttrice di uno dei vini più memorabili di questo VinoVip, il Turriga 2019, un multiblend degli autoctoni sardi Cannonau, Carignan, Bovale e Monica, riprendendo parte del suo intervento del pomeriggio in cui invitava colleghi e colleghe a mantenere la mente aperta, sempre, in vigna, in cantina e nel business: “Noi dobbiamo lavorare considerando la natura, che tanto comanda sempre lei, e allo stesso tempo dobbiamo conoscere sempre anche il mercato, che cambia continuamente”.

Iniziare a fare vino da zero è un’altra sfida di cui parliamo. Tra le difficoltà che vengono elencate - anche se a tavola non si dovrebbe parlare di soldi - è proprio il costo del denaro, che è sempre più alto, e le politiche agricole frammentarie messe in atto da questo e dai governi precedenti - “Servirebbe un piano Marshall del vino”, ha detto provocatoriamente l’economista Davide Gaeta durante VinoVip. Ma è vero che, anche chi fa il vino da anni e ha trovato il suo cavallo vincente – e non è un caso che questo discorso nasca mentre degustiamo il Sassicaia 2021 di Tenuta San Guido, perché quando si parla di Nicolò Incisa della Rocchetta il modo di dire è quanto mai appropriato, dato che l’inventore del Sassicaia è anche un noto allevatori di cavalli, primo fra tutti Ribot, uno dei campioni di tutti i tempi – debba continuare a innovare. Un po’ come fa Pierre Seillan, produttore francese attivo negli Stati Uniti, 64 anni e 60 vendemmie, invitato a VinoVip per parlare di Cabernet e che del suo modo di fare vino dice: “Voglio ancora migliorare”. La sua strada? “Come produttori dobbiamo rispettare il suolo, se lo facciamo sin dall'inizio, gli interventi in vigna si riducono”. La sostenibilità ambientale è un altro grande tema per chi fa il vino oggi. Una strada che stanno scegliendo molti, e che assomiglia ai movimenti che nel food hanno visto per esempio il recupero di antichi semi, è di ripartire proprio dai vitigni autoctoni. Oppure, c'è chi coglie le affinità tra territori in apparenza distanti tra loro e impianta lo stesso vitigno, come accade con il Cabernet Sauvignon e il Cabernet Franc in California e in Maremma, in Borgogna e in Puglia, traendone risultati inaspettati e di volta in volta diversi.

Che cosa bevono i vigneron: gli assaggi più memorabili da VinoVip 2024

È inevitabile: a tavola con i vigneron si beve, si beve tanto e, tendenzialmente, si beve bene. E non si smette mai di parlare di vino, che si conferma sia un grande argomento di conversazione sia un ottimo pretesto per grandi discorsi. Soprattutto se è buono. Al nostro tavolo, quasi nessuno propone il proprio vino, c’è sempre l’attenzione nel lasciare il campo prima a quello di colleghe, amici e vicini di casa. Poi, però, sollecitandosi a vicenda, iniziano a presentare le proprie bottiglie. Qui di seguito vi propongo quelle che, in una lista tutta personale, ho segnato nel mio taccuino di degustazione.

  • L'Albarola di Cantine Lunae ricorda al naso un prato verde di montagna illuminato dal sole estivo. Un vitigno autoctono e recuperato anche per il loro metodo classico Cuveè Millesimato 2019, 50% Vermentino e 50% Albarola, trentasei mesi sui lieviti: una bolla spensierata, un sorso fresco di agrumi e mare.
  • Passando ai rossi, il Marina Cvetic Masciarelli Terre Aquilane IGT 2019, un Cabernet Sauvignon in purezza coltivato a seicento metri di altitudine, che affina dodici mesi in barrique di terzo passaggio: un naso intrigante ed elegantissimo, un sorso che sa di more di gelso e una morbidezza che forse fa rimpiangere un po’ una sapidità che mi aspetterei di trovare più intensa vista la vicinanza con il mare.
  • Il “taglio maremmano” di Monteverro, ovvero Cabernet Sauvignon 40%, Cabernet Franc 35%, Merlot 20% e Petit Verdot 5%, è l’anima del Terra di Monteverro, un vino buono davvero, quasi masticabile, che sa di sottobosco e macchia mediterranea baciata dal sole.
  • È toscano anche il penultimo dei miei vini memorabi da VinoVip 2024: il Lupicaia 2018 di Castello del Terriccio, 90% Cabernet Sauvignon e 10% Petit Verdot, un vino morbido che colpisce per le sue note balsamiche e speziate, perfetto in abbinamento con un peposo dell’Impruneta.
  • L’ultimo vino di cui vi parlo è friulano ed è il Cabernet Sauvignon Friuli Colli Orientali Riserva DOC di La Viarte: le uve di Cabernet Sauvignon (90%) e Cabernet Franc (10%) vengono vinificate separatamente e affinano sia in botte grande sia in barrique per due anni prima di essere unite. Arriva sul mercato dopo tre anni di affinamento in bottiglia, come da disciplinare per le riserve, e infatti io assaggio l’annata 2017. È il classico vino che è buono adesso, ma che potrebbe restare in bottiglia ancora qualche anno, grazie alla bella acidità. Ha un retrogusto di liquirizia e spezie, se messo in fresco, è perfetto per un aperitivo di mezza estate.

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