Nella terra che collega Brescia a Iseo si ripete ogni anno una magia. Le dolci colline tese tra lago e città cambiano ciclicamente colore, scandendo lo scorrere del tempo e dando vita a uve pregiate che, dopo un lungo percorso in cantina, diventano un’eccellenza italiana invidiata da tutto il mondo.
È così che nasce il Franciacorta, vino con bollicine dal colore giallo paglierino e dal gusto fresco e fragrante, capace di incantare vista e palato.
Scopriamo allora qualcosa in più sulla sua storia tutto sommato recente, sul suo nome così particolare e sul lungo processo produttivo che i viticoltori esperti devono eseguire rigorosamente a mano.
Il Franciacorta, vino prodotto sul territorio che si estende dalla città di Brescia al Lago d’Iseo, affonda le sue radici nel non molto lontano 1961.
Nonostante la viticoltura sia, in queste terre, una tradizione ben più antica, è solo a inizio anni Sessanta che una delle aree spumantistiche più importanti al mondo prende vita. Il merito è degli imprenditori e viticoltori che, con caparbietà, si resero conto delle potenzialità della zona e decisero di investire in un terreno lontano dai riflettori internazionali.
Negli anni vennero poi determinate strategie di comunicazione e produzione che resero le bollicine bresciane un’eccellenza. Venne ad esempio stabilito il divieto di chiamare il vino spumante, preferendo al contrario una denominazione strettamente legata al territorio di origine. Per il processo produttivo, invece, fu consentito solo il Metodo Classico, mentre la raccolta di uve Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero doveva venire a mano, senza meccanizzazioni in vendemmia.
Come lo Champagne, anche il vino Franciacorta deve il suo nome all’unica regione in cui si concentra la coltivazione dei vitigni e la produzione delle rinomate etichette.
La denominazione, però, non deve trarre in inganno, poiché non esiste alcun legame con la Francia.
Nasce piuttosto da un’italianizzazione dell’espressione curte franca, utilizzata in passato per indicare una zona esentata dal pagamento dei tributi. Durante la dominazione veneziana, il territorio tra Brescia e Iseo era infatti un’area paludosa che la Serenissima aveva deciso di affrancare dall’obbligo di corrispondere le tasse al sovrano.
Anche un altro nome legato alla produzione del vino Franciacorta ha contribuito a rendere le bollicine italiane un mito in tutto il mondo. Più nello specifico, si tratta del termine Satèn con cui ci si riferisce a uno dei prodotti di punta del territorio. La parola non deriva dal francese, ma affonda le sue radici nel dialetto locale ed è collegata alla seta, un filato che proprio in Franciacorta veniva (e viene tuttora) prodotto in grandi setifici.
Mentre tutte le aree spumantistiche possono avere i brut, i millesimati o i rosé, solo la Franciacorta può quindi dar vita a un Satèn che, secondo il disciplinare, richiede l’utilizzo delle uve Chardonnay e Pinot Bianco e l’eliminazione del Pinot Nero, così da enfatizzare la morbidezza e la rotondità del prodotto finale.
Come anticipato, il vino Franciacorta nasce nell’omonima regione che si estende dalla prima periferia di Brescia fino alle sponde del Lago d’Iseo, coprendo una superficie di circa 2.800 ettari.
I paesi coinvolti nel territorio sono Provaglio d’Iseo, Corte Franca, Cazzago San Martino, Paderno Franciacorta, Coccaglio, Monticelli Brusati, Erbusco e Rodengo Saiano, tutti nati su un territorio particolarmente propizio. Fin dai tempi più antichi, infatti, l’area è sempre stata adibita alla produzione di vino.
La conversione a zona spumantistica è avvenuta solo dopo approfonditi studi che hanno permesso di constatare la predisposizione del terreno. La Franciacorta offre infatti un suolo profondo, permeabile e di origine morenica, composto da limi, argille e detriti rocciosi trasportati dai ghiacciai alpini. Il microclima è inoltre temperato e contraddistinto da brezze che scendono dalle Alpi Retiche.
Le uve che qui nascono si prestano dunque a essere sottoposte al Metodo Classico, ossia a una fermentazione direttamente in bottiglia tramite l’aggiunta di lievito e zuccheri. Dopo questo passaggio, le etichette vengono fatte riposare in orizzontale per un periodo di tempo che può andare dai due ai cinque anni. Ogni bottiglia viene poi messa a testa in giù e girata a mano due volte al giorno, prima che il collo venga congelato per eliminare i sedimenti. Solo a questo punto, il prodotto è pronto per la chiusura e l’apposizione dei sigilli.
Leggero e rotondo, il vino Franciacorta si presenta con un perlage fine e persistente e mostra sentori di pane e lievito, accostati da note di agrumi, frutta a polpa bianca e frutta secca. Può così essere affiancato a qualsiasi pietanza prevista dal menù, ma trova il suo abbinamento migliore nei risotti, nelle carni bianche e nei formaggi. Ogni bottiglia deve essere servita fredda, a una temperatura compresa tra i 6 e gli 8 gradi.
Re degli aperitivi e dei dopocena in tutta la provincia di Brescia, la degustazione ottimale non può infine prescindere dal corretto bicchiere. Il Franciacorta va infatti offerto all’interno di un calice a tulipano o renano, a patto però che il bevante abbia una base stretta e una decisa bombatura a metà altezza. Ciò consentirà una perfetta ossigenazione del vino e permetterà di osservare le delicate bollicine muoversi dal fondo alla superficie.
Articolo scritto da collaboratori esterni, per info e collaborazioni rivolgersi alla redazione.
2024-03-01T06:37:34Z dg43tfdfdgfd